La summa del mondo delle reliquie è senza dubbio la Sindone di Torino, un oggetto oltremodo controverso, poiché raffigura Gesù allo stesso modo in cui Lentulo lo descrive nella sua lettera, a parte il dettaglio dell'abnorme statura. La Sindone è importante per il fedele perché è l'unica cosa "tangibile" che rimane del "dio incarnato": ci restano oltre quindici suoi prepuzi, una cinquantina di denti da latte, impronte, pannolini ed altra corredistica da neonato, ma neanche un osso del dio cristiano. Un telo con sopra impresse le divine fattezze, potrebbe già sopperire a tale preoccupante carenza.

Fra parentesi, in realtà parlare di "sindone" come sudario in questo caso è parecchio improprio, se non fosse che l'usanza di ritenerlo genuino è invalsa da secoli: i vangeli non ne parlano, e, in mancanza di dati certi al fine d'attestare l'autenticità storica dell'oggetto, si sono considerati addirittura i versetti del Vangelo agli Ebrei (che torna tranquillamente tra gli apocrifi quando non serve), che parlavano della consegna della "sindone" a un sacerdote da parte di Gesù, prima dell'incontro con Giacomo. E, sempre a ben pensarci, la Sindone di Torino non è unica, perché al mondo esistono ventiquattro "sudarii" o "veroniche" di Gesù (ad es., quella di Perigueux, "autentificata" già dal 1444), che al pari della prima non compiono alcun miracolo, quantunque si tratti di un oggetto appartenuto al taumaturgo per eccellenza, il dio dei cristiani.

Sulla Sindone, comparsa dal nulla nel XIV secolo, non esiste alcun dato storico certo prima del 1389, a parte la famosa quanto falsa lettera di re Abgar di Edessa: nessuno, tranne il memoriale del vescovo Pierre d'Arcis all'antipapa Clemente VII, nel quale si racconta dell'indagine compiuta dal suo predecessore, Henri de Poitier, denunciandone la pretesa di presentare l'oggetto per fini di lucro come il sudario di Gesù. Non si tratta di resoconti edificanti, per i sostenitori della pista storica: addirittura, il vescovo aveva rivelato che era stato scoperto il falsario, il quale ammise che il telo "era fatto per opera umana, non miracolosamente prodotto o concesso", ma quel che è utile ai supporters della genuinità del "reperto" consiste nel fatto che qualcuno ne abbia comunque parlato.

Eppure, il buon Pierre dovette intervenire una seconda volta quando il successivo decano espose nuovamente il telo "artificiosamente dipinto con l'immagine d'un uomo"; in seguito a ciò, il 6 gennaio 1390 Clemente VII si vide costretto a promulgare ben quattro bolle nelle quali ordinava che ad ogni ostensione si dovesse premettere "ad alta voce, per far cessare ogni frode, che la suddetta raffigurazione o rappresentazione non è il vero sudario del nostro signore Gesù cristo, ma una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del sudario". Nel 1506 il pio Giulio II cambia tendenza, approvando la Sindone come reliquia autentica; del resto, il suo predecessore era un "antipapa", e fra i più corrotti. Infine, onde evitare che l'inquisitore Carlo Borromeo si sfiancasse troppo per andare a rendergli omaggio a piedi fino in Francia, fu portata a Torino, ove è rimasta fino ad oggi.

Ad ogni buon conto, la validità della Sindone come oggetto proveniente dalla Palestina (ossia dai medesimi luoghi donde proviene la maggior parte delle "reliquie" cristiane Made in Jerusalem) potrebbe essere fuori discussione, pur se non è certamente questa la prova che lo indica come il sudario di Gesù: vero è che lo stile di tessitura è palestinese, e che gli esami condotti da Frei Sulzer (le cui registrazioni sono però sparite) hanno rilevato fra le trame del tessuto pollini di piante appartenenti a specie vegetali esclusive della flora dell'area palestinese, oltreché quelli di vegetali che crescono nei luoghi in cui è stato via via recato l'oggetto nel corso dei secoli. Quanto alla fisionomia del personaggio, la statistica deve essere applicata non ad una media proporzionale-limite relativa ad un solo elemento di riferimento quale è la figura di Gesù, bensì a tutta una serie di casi analoghi: per quanto riguarda la casistica di Bruno Barberis, il look di Gesù era di certo adottato dalla stragrande maggioranza della popolazione locale dell'epoca (per non dire del Medioevo), ed il numero delle persone crocefisse in quel periodo, tolto il giorno 3 aprile dell'anno 16 di Tiberio (circa la quale ultima data, invece, non esiste alcun elenco di condanne), sarebbe addirittura incalcolabile.

Sia come sia, nel 1988 si procedette all'analisi C14 di vari frammenti del tessuto presso tre diversi istituti, e le analisi diedero come risultato una data approssimativa fra il 1260 ed il 1390; da tutto ciò scaturiva che la Sindone fosse definitivamente un falso medievale. I test forensi eseguiti nel 1973 ad opera della commissione del cardinale Pellegrino sul presunto sangue hanno dato degli esiti negativi, mentre il microanalista McCrone ha potuto determinare la presenza sul telo di tracce d'ocra, cinabro e di alizarina: in pratica, comune tempera rossa.

Secondo altri, l'ingiallimento delle fibre di lino del sudario potrebbe, poi, esser dovuto innanzitutto all'azione di un radicale libero chiamato IAI (Idrogeno Attivo Intermedio), nella misura in cui il processo di impressionamento della tela di lino potrebbe essere assimilato a quello dell'immagine lasciata impressa da un fiore fra le pagine di un libro e poi esposta al Sole, il che implica tra l'altro che la Sindone sia stata esposta in luogo pubblico prima della sua riscoperta (a meno che non si volesse dire che la si lavasse ed asciugasse al Sole di sovente). In effetti, tutto ciò non è improbabile: come relato dal cronista francese Antoine de Lalaing, prima d'essere esposta al pubblico per il venerdì santo del 1503 il prezioso oggetto fu addirittura bollito nell'olio, asciugato e stirato varie volte senza subire alterazioni; un trattamento piuttosto azzardato, per un reperto così importante...

Il processo di imprinting stesso, però, potrebbe essere stato ottenuto in maniera artificiale, perché le macchie d'ossido di ferro sulla Sindone (che potrebbero comunque anche essere tracce di sangue umano) derivano da un processo d'ossidazione molto lungo ottenuto da uno stocckaggio in ambiente buio e chiuso ma con abbondante presenza d'ossigeno; i tempi sono sì lunghi, ma non nell'ordine di duemila anni. A suo tempo Joe Nickell propose una possibile spiegazione della creazione dell'immagine, ovvero il risultato dello sfregamento di una vernice a secco su un telo adagiato su un bassorilievo le cui fattezze riprodurrebbero il corpo di un cadavere, mentre le macchie di sangue sarebbero state aggiunte successivamente, forse utilizzando vero sangue, precisamente di gruppo AB. Quindi sangue umano, senza nessuna traccia di elementi supernaturali, di qualche parte di divinità in chi è metà uomo e metà dio: il fatto che sia raro non ne fa qualcosa di divino, nell'eventualità in cui qualcuno non trovasse qualche altro ingrediente superumano "sfuggito alle analisi precedenti".

Probabilmente il sangue fu usato per ravvivare le tinte e magari darle un odore caratteristico (nulla di strano, dati certi altri macabri reperti): con il passare del tempo la vernice si sarebbe staccata dal lenzuolo, ma non prima d'aver prodotto delle lievi impronte nella cellulosa del telo. La presenza di tempera suggerirebbe che l'immagine sia opera d'un artista (cosa che è a sua volta confermata dalle dichiarazioni di Pierre d'Arcis e dalla mancanza di precedenti storici), e la radiodatazione è coerente con la prima apparizione storica del telo.<%pagebreak()%>Non c'è dubbio: nell'immaginario collettivo la Sindone ha eclissato qualsiasi altra reliquia. È l'identificativo di una società, l'àncora di milioni di fedeli che nel corso di due millenni hanno visto vacillare la loro superstizione sotto i colpi spietati e lucidi della scienza e della ragione, e così è perché l'autoconvinzione senza "prove" non basta, in certi casi. Questo perché accettare che la Sindone sia un falso implicherebbe un gran vuoto: per il teologo Giuseppe Ghilberti l'autenticità della Sindone non farebbe altro che rassicurare i fedeli ed evitare l'incombere di una probabile crisi sulla religione, nonché avvalorare la realtà dell'immagine storica di Gesù. Per meglio dire, in base a quanto si desume dalle sue stesse parole, tanto non fa altro che avvalorare la necessità di credere, e in un certo senso la Sindone altro non è che un utilissimo mezzo di propaganda religiosa, un oggetto intorno al quale scatenare la caccia alle streghe è la minima cosa.

Dopo l'incendio che devastò la Cappella Brancacci l'11 aprile 1997, gli inquirenti presero in considerazione una possibile implicazione dolosa nei confronti dell'accaduto: si parlò addirittura di un nebuloso messaggio intimidatorio connesso a doppio filo ad alcune mine rinvenute in ex Yugoslavia durante la visita di Giovanni Paolo II ed alla ripresa del complotto antipapale da parte di terroristi strettamente legati ai fondamentalisti islamici, e chi più ne ha più ne metta. "Rassicurare" è la parola esatta, quando la crisi inizia a montare inesorabile.

Dovrebbe sembrare assai strano riuscire a ritrovare, perfettamente intatto dopo venti secoli, proprio il sudario di Gesù: abbiamo trovato la "sua" croce, i "suoi" chiodi, i suoi sei prepuzi... mancava solo il sudario. Che sia ben conservato, potrà anche non essere un impeachment: d'altronde, è il sudario di un dio! Mi chiedo, però, se alla luce della Sindone altri reperti del genere abbiano vieppiù un senso. Mi spiego: nel 1980 l'archeologo Yossi Got rinveniva a Talpiot (un quartiere a sud di Gerusalemme) sei ossarii vuoti intitolati a Gesù, Giuseppe, Maria (quest'ultimo con iscrizione greca), Matteo e Giuda; quantunque a favore della probabilità del fatto che possa essersi trattato del sepolcro di Gesù giochi la tradizione di seppellire il figlio accanto al padre, Giuseppe non era originario di Gerusalemme, ed inoltre sono stati trovati cenotafii intitolati ad oltre cento Giuseppe e dieci Gesù (nomi entrambi comunissimi in Palestina), dei quali un altro simile al primo. D'altronde, se questa è l'urna che raccolse i resti del dio incarnato, ciò significa che la Sindone ed i vangeli sono falsi, poiché il ritrovamento di reperti del genere sconfessa l'ipotesi della resurrezione. Ad ogni modo, ancora a Talpiot furono trovate pure le tombe di un tal Giuseppe figlio di Caifa e di Alessandro figlio di Simone da Cirene: è noto che Caifa sia stato un nome estremamente raro in Israele (difatti, era il suo soprannome, poiché all'anagrafe si chiamava Giuseppe... forse in questo caso "bar" sta per "cosiddetto"...) tanto quanto lo era Simone, ma da qui a dire che si tratti dei personaggi evangelici, o che i reperti siano genuini (ci troviamo nella culla della frode reliquiaria mondiale medievale), ce ne corre. D'altronde, in caso contrario dovremmo ritenere storici anche gli ossarii dedicati a Giasone con tanto di nave Argo, ritrovati ancora nei paraggi.

La cosa è ben diversa per quel che riguarda un altro ossario, scoperto nel 2000, dato che recava l'iscrizione "Giacomo figlio di Giuseppe fratello di Gesù"; si tratta di un reperto di valenza differente, alla luce di questi dettagli, tale da apporre una definitiva sentenza sull'esistenza storica di Gesù, ma... A parte il fatto che ora il figlio unigenito acquisti miracolosamente un fratello, i soliti apologisti si sono subito pronunziati in maniera discordante. Nel caso, si tratta dei redattori del Biblical Archæology Review, di padre André Lemaire (già noto per una cantonata simile nel 1979), e del reverendo Joseph Fitzmyer, che lo data esattamente al d63, guarda caso proprio l'anno della morte di Giacomo, secondo le ultime tendenze (fino a qualche decennio fa era il d70). Questi studiosi hanno subito visto nel cofano una scoperta provvidenziale; non così per l'epigrafista Rochelle Altman, che il 29 ottobre 2002 pubblicava i risultati dei suoi studi provando abbondantemente che l'ossario è genuino, ma l'iscrizione è stata interpolata, sicché la seconda parte è un'incisione spuria, verosimilmente del d150 se non più recente. A parte questo, come in tutti i casi del genere, agli inizi il proprietario si rifiutava di far studiare il reperto, diffondendone solo delle fotografie e mantenendo l'anonimato; l'anno scorso è stata data notizia che questo signore (di cui oggi conosciamo le generalità) sia stato arrestato per questa ed altre frodi. Oggi, finalmente, la Israel Antiquity Authority ha dichiarato la falsità del "reperto": ciò non ha impedito comunque alla BAR di mantenere ancora aperte le "indagini" in merito... Forse dovrebbero considerare che, stando ad alcune fonti, un altro ossario quasi identico, intitolato a "Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello di Gesù", scritto in aramaico, sarebbe stato trovato nel 1926 nei sotterranei dell'Università Ebraica; e successivamente andato perduto.

Il problema, quindi, non risiede tanto nella storicità o meno di Gesù e soci, bensì nel meccanismo di convincimento ed auto-convincimento che egli sia esistito; così come si interpolano i documenti scritti, allo stesso modo si falsificano altri tipi di documento per piegarli alle necessità agiografiche. In fondo, Gesù sarà pure esistito, ma non certo così come pretendono i vangeli.

Casi del genere sono classici: casualmente, si verificano ogni qual volta l'indice di gradimento della fede inizia a perdere colpi. Nonostante l'evidenza, la Sindone ha diviso e continua a dividere persino il mondo ecclesiastico, eccettuate le sue propaggini più direttamente interessate. Lo stesso cardinale Ballestrero, che nel 1988 seguì le prove di radiodatazione, dimostrò d'accettare e adeguarsi ai risultati del test:

"Penso non sia il caso di mettere in dubbio i risultati. E nemmeno è il caso di rivedere le bucce agli scienziati se il loro responso non quadra con le ragioni del cuore".

Ma basterebbe citare le frasi dell'arcivescovo Giovanni Saldarini, già custode dell'oggetto, risonanti in quelle di Giovanni Pellegrini, tratte da una predica inconsciamente inquieta e pregna d'incertezza dietro l'ostentata sicumera:

"La fede del cristiano non è compromessa se si dovesse dimostrare che la Sindone non porta il volto di cristo, ed è per questo che «è del tutto libero e sereno nella ricerca, mentre l'incredulità potrebbe trovarsi a disagio se, sulla base degli esami storico-scientifici, dovesse essere obbligata a comporsi la convinzione d'avere il vero lenzuolo in cui cristo fu avvolto»".

L'attuale depositario dell'oggetto, l'arcivescovo Poletto, rincarava la dose con asserzioni che definire provocatorie è poco:

"Un'immagine capace di parlare come nessun'altra al cuore dei discepoli di cristo; coloro che sono in ricerca si sentiranno interpellati da una testimonianza di sofferenza che non può lasciare indifferente nessuno … che ci interpella e ci inquieta. Perciò merita di essere considerata dono di dio alla chiesa: il mistero della sua origine continua a richiedere atteggiamento d'umiltà e di ricerca, spirituale e storico-scientifica".

Proprio l'invito alla "continua ricerca" è un cavallo di battaglia della chiesa, il cui fine non abbisogna di precisazioni. Se dalla "ricerca" passiamo al contenzioso, l'utilità di simili oggetti potrebbe essere superiore addirittura alla manna caduta sui reprobi del Sinai.<%pagebreak()%>Accanto al lavoro condotto da scienziati imparziali si riscontra l'intensa attività di un gruppo di "sindonologi", decisi a dimostrare contro qualsiasi evidenza l'autenticità del "reperto", profondendosi in difese tanto patetiche quanto veementi. Da un lato gli uni affermano che si tratti di un falso, accusando la chiesa di frode; dall'altro i secondi dicono il contrario, accusando la scienza d'essere "nemica del cuore" e "la solita disfattista". Si grida alla scienza presuntuosa, irriverente, atea, aprioristicamente in malafede, come se cercare d'appurare la realtà dei fatti sia qualcosa d'immorale.

Al solito, quando una cosa manca, buona cosa è fingere che ci sia: la storia recente ha confermato le condanne di Pierre d'Arcis e di Clemente VII, testimoni oculari (peraltro agenti contro i loro stessi interessi) di quel che ruotava attorno alla Sindone, che sia dipinta, impronta di cadavere o altro. Alcuni hanno addirittura parlato di complotti capziosi, accodandosi a quelli che insinuano errori di datazione nello C14, sottacendo che i margini d'errore per eventuali variazioni fisiche del campione siano assolutamente irrilevanti: a parte ciò, dall'altro canto è ovvio che sin quando non si prelevano frammenti del tessuto centrale, non sarà possibile smentire né gli uni né gli altri; tra l'altro, a proposito di complotti, qualcuno privò, invece, l'analista Walter McCrobe delle prove a favore dell'attuale datazione.

Nel 1995 lo stesso Harry Giove, l'inventore della tecnica per datare l'oggetto, ammise che, date le contaminazioni presenti sul telo, "la data fornita dai tre laboratori può anche essere più recente", ma bisogna vedere di quanto. In precedenza, nel 1993 lo "scienziato di chiara fama" Dimitri Kouznetsov aveva asserito che l'incendio del 1532 a Chambéry fu un'importante causa dell'errore per la datazione, perché avrebbe potuto modificare il contenuto di C14 del tessuto facendo sembrare più recente la Sindone, ma nessuno è stato in grado di ottenere i suoi stessi risultati, talché recentemente il chimico Luigi Garlaschelli lo ha smentito nettamente, oltre ad aver smascherato le sue presunte credenziali. Stesso dicasi per gli studi recenti di Garza Valdes sul bioplastic coating. Altri supporters molto più fantascientifici, guidati da non si sa quali prove, parlano di "transferts per fibrinolisi" causati dalla "energia sconosciuta" sprigionata da un corpo sovrannaturale che riprende miracolosamente vita... Ebbene, questa "energia sconosciuta" sarebbero i raggi-x, come continuano a ripetere i "sindonologi" anni dopo le prime dichiarazioni rilasciate da Jackson (che non è certo ateo): non crediamo si tratti di radiazioni così trascendentali, né che un individuo di gruppo sanguigno umano capace di sprigionare raggi-x si sarebbe mai adattato a morire (pur temporaneamente) per "salvare l'uomo", in quanto avrebbe potuto disporre di ben altri poteri e mezzi per farlo, dati i gran miracoli magnificati nella letteratura cristiana.

Converremo che tutto questo potrebbe essere come discutere se una zebra sia nera a strisce bianche o viceversa: diffondersi in oziosità che dimostrano nulla e tutto. Ovviamente, credere implicherebbe l'accettare pure queste amenità alle soglie del Terzo Millennio, purchè non vadano contro quel che si desidera sentir dire.

Non vorremmo qui dilungarci più di quanto abbiamo già fatto esaurientemente altrove in merito alla realtà dietro le righe evangeliche della crocefissione, che veniva effettuata in varie modalità su vari tipi di croce, e fu nota e praticata quantomeno fino al d700 dai cristiani che perseguitarono i pagani; pertanto, dire che l'individuo della Sindone sia stato crocefisso con una "crocefissione di tipo romano ignota nel medioevo" è una sciocchezza d'altri tempi. Certo è che se si dovesse seguire alla luce del buonsenso la linea esplicativa dei vangeli, del Corano e degli apocrifi, si ricaverebbe che questo "Gesù" storico non sia mai morto; molto probabilmente, a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, si potrebbe anche considerare che il personaggio cadde in uno stato d'animazione sospesa, probabilmente drogato con una mistura d'oppio (comune in quelle zone) o d'altra natura, note già in passato.

La strana morte subitanea sulla croce, che stupisce persino Pilato, si accorda con un corpo in animazione sospesa, che ovviamente non va in putrefazione né pregiudica le sue funzioni vitali. Dall'altro lato, tutto l'occorrente per la benintesa imbalsamazione (acquistato in quantità industriale, come risalta dai vangeli) è costituito prevalentemente da purganti, disinfettanti ed emostatici, ed erano ingredienti che, eccetto l'olio, non erano previsti dai sistemi di conservazione dei cadaveri fra gli ebrei, a parte il fatto che essi non praticassero affatto l'imbalsamazione. Peraltro, il fatto che le macchie appaiono prive di mescolamento con questi balsami, implicano un aut aut: o i vangeli sono falsi, oppure il corpo è stato sepolto in fretta, il che contraddice la facilità con cui "Giuseppe d'Arimatea" ottenne il cadavere, indipendentemente dalla fretta d'inumare il soggetto in vista del sabato. La scelta è d'obbligo, giacché entrambe le opzioni non possono coesistere. Ma i credenti giudicano più impossibili ipotesi del genere, peraltro supportabili tramite gli stessi vangeli, che l'accettare molto più futuristiche "energie misteriose".<%pagebreak()%>Nel 1996 il dottor Pierluigi Baima Bollone, patologo legale dell'Università di Torino, seguendo le prime affermazioni di Francis Filas del 1979, riscopriva su un sopracciglio della figura umana impressa sulla Sindone quelle che a suo avviso sarebbero le impronte di un lepton, una moneta di bronzo coniata in Palestina da Ponzio Pilato nell'anno 16 del regno di Tiberio; da ciò l'analista attestava l'indubitabile autenticità dell'oggetto quale sudario in cui era stato avvolto il corpo del semidio. Il tutto fu seguito da un enorme battage pubblicitario protrattosi per parecchi mesi con interviste, special televisivi e quant'altro avesse potuto riuscire utile al fine di rinverdire l'attenzione del pubblico verso la reliquia e la fede; le festività cattoliche successive, giubileo compreso, furono ingentilite da svariati pellegrinaggi alla Sindone in concomitanza con una particolarmente fitta ondata di piéces televisive sulla vita di san Francesco, sant'Antonio, padre Pio, madre Teresa ed altri "santi" del momento.

Per la cronaca, Baima Bollone — peraltro nella vita rispettabilissimo uomo di scienza — ha condotto pure una perizia sul sangue di san Gennaro, a proposito della quale il ben famoso cardinale Michele Giordano s'era espresso nella seguente maniera:

"Nei secoli si sono susseguiti tanti tentativi di voler trovare spiegazioni terrene al prodigio, ma nessuno s'è rivelato veritiero. L'unico esame sulle ampolline — la spettroscopia effettuata nel 1989 dal prof. Pier Lugi Baima Bollone, per incarico della curia — ha dimostrato che il liquido contiene emoglobina, componente tipico del sangue".

Fra parentesi, a parte la tipica sicumera folkloristica ostentata dal prelato, il problema non consiste nel fatto che la boccetta contenga emoglobina, ma cos'altro: il che non è mai stato permesso d'accertare perché implicherebbe scialacquare il prezioso liquame.

Chiusa l'introduzione, in realtà a parte il lepton è improbabile che la Sindone sia il "negativo" del cadavere di Gesù; i riti funebri ebraici non hanno mai fatto utilizzo delle sostanze riscontrate sulla Sindone, oltre a prescrivere il taglio dei capelli ed il lavaggio dei cadaveri, mentre per il personaggio impresso sul telo si riscontra tutto il contrario (cosa che è però congrua con la tesi della morte apparente); né si può dire che il pio "Giuseppe d'Arimatea", fariseo osservante, non avesse avuto il tempo per assolvere a questi riti obbligatorii con tutta calma, dal momento che il corpo gli sarebbe stato affidato senza problemi dall'amico Pilato.

Sia come sia, riteniamo peregrino diffondersi su particolari totalmente aleatorii ed oziosi, simili a disquisizioni sul sesso degli angeli, se non a puro titolo di diporto, su un argomento che del resto non è altro che l'ennesimo segreto di Pulcinella ecclesiastico. Tutto ciò sempre ammesso e non concesso che si tratti di una moneta: in effetti, non esiste alcun dettaglio significativo a qualsiasi ingrandimento che possa identificare sia le iscrizioni che i rilievi sul conio. Luigi Gonella, fisico del Politecnico di Torino e a suo tempo già consulente scientifico del cardinale Ballestrero, liquida ogni polemica:

"Quella della Sindone è un'immagine il cui dettaglio più piccolo, macchie di sangue escluse, è di mezzo centimetro. Come le labbra. Appare quindi molto, molto incongruente che esistano dei dettagli dell'ordine di decimi di millimetro come le lettere sulle monete. Ma si sa: a forza di ingrandire, si finisce per vedere anche ciò che non c'è. Sono soltanto loro, i cosiddetti sindonologi, a scagliarsi contro il C14; nel campo scientifico, fisico, chimico, non c'è nessuno che abbia il minimo dubbio. Nemmeno io. Il sudario risale al Medioevo".

Tutto ciò potrebbe portare a una pista parallela, che comunque consideriamo solo a termine d'ulteriore concessione speculativa su un oggetto che è chiaramente di per sé a dir poco dubbio e indegno d'ogni seria requisitoria che non converga nel risibile; ma dal momento che scetticismo e razionalità non sono forzosi sinonimi di scorrettezza, pur con tutta la buona volontà possibile ed immaginabile riteniamo che sia impossibile distaccarsi da qualsiasi capziosa posizione prima d'assumerne una quantomeno obiettiva nell'uno o nell'altro verso, senza considerare quel che era veramente Gesù o comunque si fosse chiamato. Ovvero, un agitatore politico, un fanatico autoconvinto o manipolato dal fronte di resistenza giudeo, aggressivo, arrogante, presuntuoso, ambiguo, le cui mire andavano ben oltre quelle decantate da una chiesa che, per ovvi motivi, lo spoliticizzò del tutto ricostruendo la sua immagine sui canovacci mitici di dèi pagani: basta leggere bene i vangeli, e non le porzioni che convengono o che sono predicate come exemplum di pietà, carità, bontà, umiltà.

Gesù fu un uomo come tanti altri, detto "figlio di dio" perché gli ebrei credettero di poter ravvisare nei segni celesti che si verificarono al suo tempo un segnale della venuta del liberatore, così come fu per Bar Kochab. Semmai dovessimo dar credito ai vangeli di là da quanto già speculato in precedenza sulla realtà dietro le quinte del personaggio di Gesù, con un'altra requisitoria meritoriamente "sportiva" si potrebbe addirittura immaginare che qualcuno, sentitosi tradito nell'aspettativa dall'ennesimo messìa inconcludente, lo tradì profittando del fatto che il Sinedrio e i romani attendessero il giusto momento per sbarazzarsi di un pericoloso agent provocateur, che sovvertiva le leggi religiose alla base della società, e per giunta attaccava i romani sul campo politico: storicamente parlando, già sin da prima dei Maccabei il Sinedrio s'era venduto alla bella vita per gli invasori alessandrini, ed infine ai romani con l'entrata di Pompeo. Ma non vogliamo ripeterci.

Se non si mette in conto questo, ci sarà ancora qualcuno che continuerà a credere che Gesù sia stato un essere "metafisico", "sovrumano", ed a parlare non tanto della Sindone, bensì della religione intera come una cosa vera. In questi termini è assolutamente inutile discutere se la Sindone sia vera o falsa nel senso che abbia o meno ricoperto il corpo di Gesù: nel primo caso avrebbe comunque soltanto un significato storico-archeologico e non certo morale o agiografico, perché anche in quest'ultimo caso proverebbe soltanto che un tale si sia fatto ammazzare per risolvere completamente nulla, a quanto vediamo al giorno d'oggi da duemila anni a questa parte; nulla, tranne il perpetuarsi del privilegium di oligarchie commerciali.

Dimostrare che la Sindone sia il vero sudario di Gesù tutt'al più potrà convalidare che egli sia storicamente esistito (niente in contrario, in ciò: anzi, una cosa del genere sarebbe auspicabile persino per la contro-tendenza), ma non certo che sia stato un essere metafisico. Spesso la gente premia non tanto chi dice una cosa vera, bensì il modo in cui la si dice e da quante volte la si ripete: talora a convincere le masse è la stessa convinzione dell'oratore, che più cieca è, più gli altri credono debba aver per forza ragione per portarla avanti con sì gran convinzione e "coerenza".

La Sindone è soltanto un oggetto: in mezzo a tutto il ciarpame reliquiario che infesta il già di per sé tormentato mondo nevrotico e incerto del cristianesimo, sarà magari un oggetto d'autenticità tendenzialmente più verosimile (o forse molto più verosimilmente ben fatto d'altri), e si potrebbe addirittura propendere per il fatto che sia frutto dell'impronta di qualcosa, magari ritoccata nel corso dei secoli per mantenerne vivi i tratti, ma non certo una cosa sacra. Perché il sacro, così come il mistero, il sovrumano, il metafisico, non esiste: viene solamente creato.
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