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Il 16 giugno del 1968, sulla scorta delle precedenti clamorose dichiarazioni di Pio XII, Paolo VI attestò che le ossa da poco scoperte sotto l'altare della basilica di San Pietro, costruita nel 320 da Costantino sui resti di un templio di Apollo — a sua volta eretto sopra un templio di Mithra e un cimitero pagano —, appartenessero indubitabilmente al santo fondatore della chiesa, crocefisso a testa in giù da quel birbante di Nerone nel d68: la notizia fu conclamata nonostante il professor Luigi Cardini (che analizzò i resti pubblicando i risultati nel 1965 con la Libreria Editrice Vaticana) dichiarò che in parte fossero costituiti da ossa di capra, topi, pecore, vacche, maiali e polli ruspanti (forse quelli del gallo del rinnegamento...).
A papa Montini andò certamente meglio di san Silvestro, che per cernere un altro lotto di sante ossa appartenute a Pietro e Paolo le pesò salomonicamente, confidando nell'equo canone divino e nell'infallibilità papale: sono certo che Voltaire avrebbe sicuramente connesso questa speciosa metodica al modo in cui fu deciso il canone niceno!
In ogni caso, sono reliquie indubbiamente miracolose, dacchè tra i resti c'erano pure ventisei frammenti del teschio del santo, che i pellegrini avevano già potuto venerare da secoli quasi del tutto integro in quel di San Giovanni in Laterano, mentre un altro scheletro di san Pietro era stato trovato nel 1949 (v. New York Times 22-08-1949) a pochi metri dai resti seriori! Si trattava di uno scheletro sicuramente sovrumano, in quanto dotato di ben tre fibule ed otto tibie, come accertato da Venerando Correnti, incaricato delle indagini da parte di Pio XII: che per conciliarsi meglio il riposo aveva pensato bene di porre il sacro cadavere di fronte al proprio letto...
Ad ogni modo, è noto che parte dei resti appartenevano a un individuo di sesso femminile, dettaglio che una moneta — coniata dal visconte di Limoges nel 1210 — trovata in mezzo al "mucchio selvaggio" avrebbe potuto sviare su facili conclusioni boccaccesce: indubbiamente san Pietro, novello Gerione e viaggiatore del tempo ante litteram, era molto amante degli animali oltrechè del gentilsesso, visto che pure in questo caso Cardini aveva individuato resti di maiali, ovini, bovini ed ancora l'impenitente pollo ruspante... Per loro fortuna, queste ultime "reliquie" svanirono miracolosamente così come comparvero (1): ma, data l'abbondanza di fauna inferiore, non è escluso che possa essersi trattato dei resti di Noé, dal momento che quelli d'Abramo e Isacco sono già custoditi a Roma da secoli...
Ne siamo consci: i fedeli non tollerano l'ironica verità nei confronti delle cose "sacre". Forse meglio sarebbe non pronunziarsi in proposito, poiché si tratta di argomenti sin troppo assurdi per meritare una seria refutazione, se non fosse che proprio le cose più impossibili o inverosimili sono quelle che ricevono più seguito e causano più nocumento. Anzi, i fedeli ritorcono l'ironia per parlare di "blasfemia", di cose che gli "atei non possono capire" appunto perché non credono, perché sono "materialisti": eppure, nell'ambiente delle reliquie il materialismo è un capitolo diremmo simbiotico, a giudicare dal costo salato di certi "pezzi rari"... di sacra memoria.<%pagebreak()%>Adorare — o "venerare" che sia — resti di cadaveri o altri più o meno macabri feticci, apparentemente appartenuti a personaggi assai vicini alla sfera divina, è anch'essa una pratica tutta solo e soltanto cristiana. Vero è che sacerdoti greci, egizi, hindu e quant'altri operatori spirituali del passato fossero soliti offrire al buon cuore dei fedeli il sandalo di Perseo, la testa di Osiride, il dente di Buddha ed altre pie carabattole, ma non giunsero mai a tanto dispiego di compiacimento per l'avvilente, e soprattutto per la credulità. In effetti, il mondo cristiano detiene l'onore del record mondiale quanto a copiosità di reliquie; secondo le stime attuali sarebbero circa 190,000 sparse per il globo, ed è ancora un numero approssimativo se pensiamo ai ben 7421 pezzi posseduti dal solo Filippo II di Spagna (che solo per custodire un dente di san Lorenzo costruì l'Escorial, costato una fortuna!); la chiesa di sant'Alessandro a Milano ne stima oltre 144,000.
La kermesse cristiana fu inaugurata già al tempo di Costantino, allorquando sua madre Elena tornò da un "soggiorno obbligato" in Palestina, ove, grazie ai poteri profetici di cui (bontà sua) era dotata, rinvenne nientemeno che le tre croci del Golgotha; ce lo racconta il pio Ambrogio, della cui parola non possiamo affatto dubitare! Addirittura, l'imperatrice seppe distinguere quella di Gesù dalle altre due grazie ad un espediente che in sé per sé ha del miracoloso, considerato che dal tempo di Tiberio al 300 d. c. siano state crocefisse migliaia di persone: come narrato da Sulpicio Severo nelle Chronicae, Elena gettò il frammento di una di esse sopra una donna in fin di vita, che si rianimò al contatto col santo legno; non paga di ciò, la buona donna riuscì a trovare pure i tre chiodi di Gesù e la casa della sacra famiglia, che in seguito fu catapultata a Loreto per virtù divina!
Da allora una pioggia di frammenti della croce (ovviamente, tutti "veri ed autentici"...) si diffuse in tutto il mondo cristiano; anzi, come ebbe ad affermare il vescovo di Nola, più la decurtavano più pareva rigenerarsi da sé. E senza dubbio il sacro legno trasmise la stessa virtù moltiplicatrice anche alla sua augusta scopritrice, dato che due città asseriscono di possedere il suo cadavere...
Ma la croce riusciva ad operare miracoli ben più tangibili, soprattutto in mani esperte! Ad esempio, nel 586 Gregorio Magno (che "beneficiò" oltre cento fedeli con sante patacche varie, vendute a carissimo prezzo...) ne inviò un frammento a re Recoredo, mentre un altro fu acquistato dai veneziani, che lo rivendettero subito a re Baldovino I; altri frammenti finirono nelle mani di nobili e regnanti vari.
La stessa parte rimasta a Gerusalemme non ebbe vita facile: trafugata dai persiani nel 614 e poi avidamente riconquistata, finì a Costantinopoli per poi tornare a Gerusalemme verso la metà del 1100, ove rimase fino al 1187, quando finì nel bottino di Sala'addin e se ne persero le tracce. Ma la porzione acquistata da Baldovino bastò ed avanzò comunque a riempire di schegge di legno santo molti luoghi del mondo cristiano; i pezzi più rilevanti si troverebbero attualmente nel convento di Sainte Gudule, nel monastero cistercense di La Boissiere, a Wittemberg (ben 35) e nella Sainte Chapelle.
Come per la croce, così anche i suoi chiodi pare abbiano avuto il miracoloso dono di moltiplicarsi a mo' di paramecio: non meno di ventinove città europee (fra cui Colonia, Trevés, Parigi, Saint Denis, Brugges) affermano di possedere uno dei tre sacri chiodi; Venezia li rivendica tutti e tre, il monastero di Charroux distingue chiaramente fra cinque chiodi della mano sinistra, e due della destra...
La ricerca di reliquie fu lo sport propagandistico più redditizio dal medioevo fino al 1500; bastava trovare un mucchio di resti umani o un qualche oggetto strano e metterlo sotto una teca, che subito accorrevano frotte di fedeli pronti a versare capitali per i ministri di culto ed a pagare somme esorbitanti per un frammento dei preziosi resti, talché la chiesa stessa dovette intervenire a dare una regolata al commercio onde evitare problemi di credibilità. Il fatto più inquietante consiste nel fatto che questo ciarpame fosse diffuso non tanto dai laici, bensì principalmente dagli ordini religiosi, come lamentava persino Agostino; ma si trattava di "casi isolati", di delinquenti che hanno infangato il nome della credibilità cristiana, come vorrebbero gli apologisti. Epperò, non ne siamo poi così certi.
Narra il cristianissimo Colin De Plancy:
"Dopo che Enrico VIII ebbe soppresso i conventi in Inghilterra, tra gli strumenti delle pie frodi che vennero scoperti in questi superbi asili della fannullonaggine si parla soprattutto del famoso crocifisso di Boksley, che si muoveva e camminava come una marionetta. Questo crocifisso veniva chiamato «Statua di Grazia» [...]
I monaci, sempre ingegnosi, avevano abilmente inventato delle molle che facevano muovere a piacimento questo miracoloso crocifisso; e questa santa industria aveva per lungo tempo edificato gli inglesi devoti e procurato grandi profitti al monastero".
Il cronista medievale Guibert de Nogent ci raccontava che
"il vescovo Oddone di Bayeux desiderava ardentemente venire in possesso del corpo del suo predecessore, sant'Esuperio, molto onorato a Corbeil; pagò quindi la somma di cento pezzi al sagrestano della chiesa che possedeva tale reliquia, ma quest'ultimo gli portò le ossa di un villico di nome Esuperio anch'egli. Il vescovo gli impose di giurare che fossero le ossa del santo: «Io giuro» replicò l'uomo «che queste sono le ossa di Esuperio: quanto alla sua santità non posso giurare, dacché molti si fanno chiamare santi pur essendo molto lontani dalla grazia»".
Ne erano consci pure i pagani ancora molto tempo prima: come scriveva già nel IV secolo Eunapio in uno dei pochi passi che sfuggiranno alla censura di Fozio e compagni
"i cristiani hanno sostituito dei criminali agli dèi del buonsenso. Le teste salate e speziate di questi malfattori, che hanno subìto giusta morte per i loro crimini; i corpi, ancora marchiati dalle striature delle frustrate dei magistrati: questi sono gli dèi che produce oggi la Terra. Questi sono i martiri, i supremi intercessori delle preghiere verso la deità, le cui tombe oggi consacrate sono oggetto di venerazione!". <%pagebreak()%>Premettiamo che la mania delle reliquie, scoppiata dal IV al XII secolo, trovava facile pastura in un arco di tempo buio: se consideriamo ad es. che la peste del 540 aveva fatto fuori quasi cento milioni di persone, i superstiti cercavano rifugio nella chiesa per essere salvati da quei peccati a cagione dei quali il buon dio aveva inviato le pestilenze, e per questo motivo la gente era pronta a pagare la qualsiasi per un minuzzolo di santità.
Ma furono soprattutto i potenti, a bearsi di questo ciarpame. Abbiamo notizia dell'acquisto da parte dell'imperatore Baldovino (ancora lui...) di quella che era considerata la corona di spine originale di Gesù, prelevata a Costantinopoli da due emissari del re di Francia Luigi IX per l'equivalente del salario annuo di 80,000 operai, e poi portata a Parigi il 19 agosto 1238, ove pochi mesi dopo fu trasferita a Saint Denis (la costruzione della sola Sainte Chapelle per ospitarla costò oltre 40,000 libbre d'oro): una successiva controversia sulla proprietà del fantastico cimelio — che si rivelerà un falso clamoroso... — costrinse poi il Francese a versare ulteriormente la bellezza di 21,000 libbre d'argento per aggiudicarselo definitivamente!
A fargli da degno contraltare troviamo il flacone contenente le lacrime sparse da Gesù su Lazzaro ed una boccetta del sudore dell'arcangelo Michele, secreto nientemeno che durante l'epico scontro contro Satana, preziose cianfrusaglie acquistate per cifre vergognosamente scandalose da parte di Enrico VIII, mentre la gente moriva di fame e di peste durante l'epidemia del 1531: ma tutto ciò è poca cosa, al confronto con la croce apparsa a Costantino, concretizzatasi da oggetto celeste in materiale, ed esibita contemporaneamente a Brescia ed a Costanza!
A Messina sarebbe conservata una lettera autografa di Maria, che ella avrebbe inviato ai cittadini quando furono convertiti nientemeno che da Paolo di Tarso. A Prato si trova la cintura della Vergine, cadutale mentre s'innalzava in cielo: e poco importa che l'evento contrasti col fatto che il "suo" sudario sia conservato nella chiesa di Gethsemani!
Per inciso, Maria sembra aver posseduto una sorta di boutique ricca di capi fuori del suo tempo, a giudicare dalla corredistica che le si attribuisce: a Chartres furono esposti una decina d'anelli nuziali (forse perché si diceva che Gesù avesse avuto dei fratelli da altri matrimonii di Maria), scarpe, magliettine, corsetti e persino delle vieppiù anacronistiche calze; in Inghilterra, ancora al tempo di Enrico VIII, un altro suo corsetto fu mostrato in undici luoghi diversi insieme al latte condensato del suo seno, e un altro ancora fu acquistato da Caterina d'Aragona come dono per sua figlia al tempo delle nozze col sovrano.
Fra le tante, Vienna, Roma, Parigi e Bordeaux reclamano la vera lancia di Longino; a Colonia sono gelosamente conservati nientemeno che i teschi dei tre re magi; sempre in Germania, le mura della chiesa di san Gereone sono ricoperte con le ossa di un intero cimitero dissepolto, fatto passare per i resti del santo stesso e dei suoi diecimila seguaci martiri, che fanno il paio con quelli delle altrettante seguaci vergini di sant'Orsola, sparpagliati tra Le Mans, Roma, Tours e Bergerat. Le ossa di santa Rosalia, a Palermo, continuano ad essere ritenute miracolose nonostante grazie al famoso anatomista William Buckland (sacerdote...) sappiamo da oltre due secoli che si tratti dei resti di una capra! Peggio è andata ai devoti ginevrini di sant'Antonio, che per secoli hanno baciato morbosamente il femore d'un cervo scambiato per il braccio del gran santo: come si sapeva già sin dal 1600! E che dire dello scheletro di san Guinefort, che continua ad essere venerato nonostante abbia quattro gambe? Infatti, è quello di un levriero!
Trois Maries du Mer ospita tre sacelli che vengono fatti passare per quelli delle altrettante Marie dei vangeli; Avalon, Autun e Marsiglia posseggono un corpo di san Lazzaro ciascuna, mentre quello di Susanna giace contemporaneamente a Roma ed a Tolosa; ad Aix è gelosamente conservato il terzo piede di sant'Andrea... ed undici sono quelli di san Matteo! A Vicenza è custodito nientemeno che lo scheletro intero dell'asino della domenica delle palme: e a Genova la sua coda! A Gaming si trovano alcuni pannolini di Gesù ed i rimasugli del pasto dei cinquemila; un monastero dell'Alsazia detiene una macchia di sangue di Gesù, l'ennesimo frammento della croce, il braccio di Giacomo, parte dello scheletro del Battista ed una bottiglia del latte di Maria; un monastero di Gerusalemme custodisce con orgoglio nientemeno che un dito dello spirito santo, una sua ala e le penne della sua coda, che la terza persona della Trinità avrebbe perso mentre si sporgeva incautamente dalla spalla d'un sacerdote! Charroux mena vanto anche per l'intera collezione dei denti da latte di Gesù, mentre sette chiese — fra cui Lucques, santa Maria del Popolo e Chalons sûr Marne — sostengono di possederne l'autentico cordone ombelicale, altre quindici il prepuzio, un'altra l'impronta del suo divino deretano impressa su una pietra sulla quale il divin marmocchio soleva sedere da piccolo: altre ancora i dadi dei soldati, il bacile di Pilato, il respiro di Gesù tappato in una fiala, e persino una parte della roccia mostratagli da Satana!
Le sei giare di Canaa si trovano in tredici posti diversi (Venezia, Colonia, Bologna, Pisa, Ravenna, Cluny, Mosca, Anversa, Salvatierra, Beauvais, Parigi, Tongres, Orleans); poi abbiamo pure il palo ed il flagrum della fustigazione, la spugna con l'aceto, la borsa, parte dei trenta danari e tre metri della corda usata da Giuda per impiccarsi!
Parigi, Roma e Bourdeaux detengono la verga di Aronne; Trêves il coltello con cui fu tagliato l'agnello pasquale; Roma, Aix-la-Chapelle e Compiegne detengono ciascuna la tovaglia con cui Gesù asciugò i piedi degli apostoli; Besançon, Tolosa, Lione, Bourges, Macon si gloriano di possedere il dito con cui il Battista indicò Gesù come messia, ed altre sei città (fra cui Amiens, Lione, Morienne, Angely e Roma) conclamano di possedere ognuna la testa del precursore; ben poca cosa, dinnanzi alle ventisei teste di santa Giuliana ed all'oltre mezzo migliaio di denti di santa Apollonia sparsi per tutto il mondo. Troppa, troppa grazia!<%pagebreak()%>Oggi la chiesa è tendenzialmente scettica, non tanto perché ricerca miracoli veri, bensì il più verosimili possibile. Per tal motivo le reliquie "accertate" appartengono soprattutto a "santi" vissuti tra il XI e il XIV secolo, mentre per quelli anteriori si distende pacatamente un velo pietoso.
D'altro canto, poco importava se i miracoli delle reliquie e dei santi fossero riportati quasi esclusivamente da scrittori di parte (i soliti noti: Ireneo, Teodoreto, Ambrogio, Agostino, Tertulliano, Gregorio Magno, Eusebio fra i tanti) o senza testimoni o addirittura del tutto inventati di sana pianta, anche perché nessuno poteva verificare; i miracoli delle folle furono soprattutto frutto di suggestione indotta di massa, tanto che la chiesa stessa ne ratificò pochissimi, temendo soprattutto il senno di poi e le reazioni del volgo gabbato. Del resto, il business favoriva un po' tutti: le ostensioni ed i pellegrinaggi fruttavano ai conventi, ai mercanti, ai signorotti, ed è quindi chiaro che chiunque mettesse in dubbio l'autenticità di simile ciarpame correse il rischio d'essere cristianamente linciato da chi ci credeva e da chi sperava che gli altri ci credessero.
Nel caso delle reliquie, l'attaccamento per il "sacro" viene amplificato grazie alla devozione viscerale per l'oggetto surrogato, ossia la "testimonianza", superstizione ad onor del vero condannata da parecchi padri della chiesa, salvo alcune eccezioni. Soprattutto, le reliquie attestavano uno dei princìpi fondamentali del cristianesimo, ovvero la persistenza della vita oltre la morte: cosa che, messa in connessione con la pratica della sepoltura, ha un suo senso ben compiuto. Ma la gente non si curava affatto se la chiesa diceva che occorresse andarci cauti, così come non si curava della genuinità o falsità di ciò che adorava. Il motivo di tutto ciò è ovvio:
"La questione dell'autenticità non ha alcuna importanza; se il vostro unico scopo è di fermarvi a pregare oppure di sentirvi a contatto con la storia o con le vostre radici o di rispettare un simbolo, non fa molta differenza se un determinato luogo sia stato o meno scientificamente riconosciuto come autentico"
scriveva Elon citando un santone ne Gerusalemme città degli specchi; "Quei luoghi sono definiti dalla fede, non dalla scienza: non abbiamo bisogno di prove archeologiche. Abbiamo come prova una fede ed una presenza ininterrotte fin dal I secolo" chiosava il probo uomo. Non potremmo dargli torto: essere ingannato è la moneta per chi vuol esserlo, diceva Eusebio (che se ne intendeva...). Che si sia trattato di cianfrusaglie, ciò non ne sminuisce l'importanza agli occhi del fedele; in fondo, l'atteggiamento speranzoso (la speranza è una delle principali virtù cristiane) è sempre quello d'immaginare che qualcuna vera possa esserci, o che una vera alfine "si troverà", e darà prova della sua miracolosità nei confronti di miscredenti.
In effetti, il miracolo è il medium quasi essenziale per la credibilità di una reliquia: questa mentalità si basa sulla primitiva superstizione che il feticcio operi per transfert le meraviglie del santo che non è più in vita. Senza un miracolo, la reliquia è press'appoco un oggetto come tanti altri, e per ulteriore magia perde il velo di passione riacquistando tutta la sua macabra realtà.
Prescindendo da oggetti assolutamente privi di qualsiasi proprietà miracolistica — ad esempio, la Sindone di Torino, il cui unico miracolo è la grande capacità di procacciare introiti — e dall'attenta policy ecclesiastica per certificare l'autenticità di questi fatti, lo scopo del miracolo è quello di rafforzare la credenza e portare alla conversione. Spesso, per stessa definizione dei credenti, i migliori miracoli effettuati tramite le reliquie sono "accompagnati dal messaggio di Gesù", vale a dire pentirsi, abbracciare il cristianesimo e credere.
I resti dei martiri erano veramente una manna a tale scopo, come accadde allorquando l'imperatrice Giustina intimò ad Ambrogio d'andar via da Milano: il vescovo rifiutò d'obbedire, aiutato dai fedeli che intralciavano gli esecutori imperiali, ma alla fine riuscì ad ottenere la revoca mostrando i resti di altri due santi mai esistiti, Gervasio e Protasio, scoperti alla bisogna nella cattedrale. Ambrogio testimoniò insieme al discepolo Agostino (il quale disse che i corpi erano intatti, mentre l'altro asserì che fossero solo ossa) che i resti avessero ridato la vista a un cieco: ed erano resti veramente miracolosi, a prescindere dalle loro gigantescamente sospette dimensioni! Tanto e tale era il loro potere, che con esse Ambrogio riusciva addirittura a far confessare a degli individui "indemoniati" — accuratamente selezionati tra i suoi accoliti... — che la dottrina ariana fosse diabolica e falsa!
Più straordinari ancora erano i miracoli attribuiti da Agostino alle ossa di santo Stefano, che avrebbero risanato oltre settanta malati e resuscitato quattro morti: miracoli purtroppo mai certificate da nessun altro testimone eccetto il brav'uomo di Ippona...
(1) Fra parentesi, non si sa che fine abbia fatto nemmeno l'altro scheletro di Pietro, trovato in circostanze oscure nel 515 da papa Ormisda, che rifiutò gelosamente di consegnarlo a Giustiniano. |
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