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Ritenere la moralità estensione delle leggi "divine" è controproducente: la cronaca e l'attualità ci mostrano un campionario tutt'altro che edificante. Tanto amorali potrebbero essere gli atei, quanto proporzionalmente pochi rispetto alla maggioranza dei credenti.
Viviamo in un mondo nel quale delle classi sociali di per sé classificabili tra i "diversi" ingeriscono continuamente nelle scelte laiche, piccandosi d'esserne portavoce e guida per il semplice fatto che "tutti credono in qualcosa di sovrannaturale". La Chiesa intrude in tanti campi dello scibile, della cultura e del costume sociale; il più delle volte lo fa non a sproposito, ma molto spesso ingerisce con motivazioni ben poco chiare.
Il movente di tale intromissione consiste in un obbligo "pastorale", poiché, in quanto "filiale terrena" dell'Onnipotente, essa avrebbe il diritto e il dovere di vigilare affinché l'uomo non trasgredisca ai comandamenti delle "leggi divine". Qualora queste ultime non avessero contemplato fino a che punto potessero spingersi la protervia e la vanagloria umane, basterebbe apportare qualche comma retroattivo all'immutabile parola di Dio: ne abbiamo avuto esempio dalla continua battaglia con la Scienza, che ha assistito a veri e propri abusi riguardo a "eresie" che oggi rientrano tra le nozioni culturali più certificate.
Nei secoli, la Chiesa si è opposta a innovazioni come il treno, il vaccino, la chirugia plastica e tanto altro; ma pur qualora finisse per accettare i risultati della Scienza con largo ritardo rispetto al resto del mondo, potrà sempre dire che sussisterebbe il bisogno di "accertarsi della bontà delle proposte umane". Come accadde ad es. con Galileo, punito perché le sue scoperte "precorrevano troppo i tempi" (!), come ebbe a dichiarare papa Wojtyla.
In realtà, il "volere di Dio" è semplicemente una derivata del concetto di "flusso invariato del destino": ovvero, lasciare che le cose si compiano così come devono andare. Si tratta di una specie di naturalismo fatalista dei più primitivi, camuffato dietro l'ossequio verso un dio superiore alla natura stessa.
Ad esempio, proibire a una coppia di abortire artificialmente può essere un atteggiamento espressione di una mentalità informata a questa variante di naturalismo fatalista; se poi un bambino malformato nasce anzichè abortire spontaneamente, ci sarà un motivo voluto da Dio, la cui mente è imperscrutabile. Quindi, non si deve interferire in alcun modo in maniera "artificiale".
Questa politica, che ha facilmente presa sull'istinto protettivo, è semplicemente una derivata periferica del "voler di Dio", che al timore di effetti colposi indesiderati unifica anche quello per l'adorazione della Scienza e l'abbandono delle superstizioni.
Un esempio di morale del genere potrebbe essere il permettere l'espianto d'organi con la scusa che si tratti di un gesto di carità, piuttosto che potenziare la ricerca biomedica grazie alla quale la donazione potrebbe essere accantonata: l'espianto ha salvato certamente migliaia di vite, ma si tenga presente che non è stato possibile fare altrimenti, dato che a tutt'oggi si ostacola acremente la bio-ingegneria, in quanto "contraria al piano divino", del quale farebbero parte senz'altro anche il traffico d'organi o i decessi dovuti al consegnare fuori tempo massimo un fegato che si deteriora a vista d'occhio.<%pagebreak()%>È estremamente curioso che, per poter far sì che esista una "morale", l'uomo debba appoggiarsi a un Garante, sovrumano ma invisibile; ancora più specioso è postulare un codice etico sulla scorta di un credo la cui immoralità e follia è già insita nientemeno che nella morte di quello stesso dio per salvare l'uomo. Affermare che quest'ultimo sia incapace di un comportamento retto qualora privato di esseri superiori che garantirebbero tale "morale", non contribuisce a responsabilizzare l'uomo stesso: tutt'altro.
Difatti, si parla continuamente di morale, eppure si assiste alla sistematica trasgressione dei suoi capisaldi addirittura proprio da parte di chi la predica; evidentemente, l'illusione su cui è basata tale morale fa sì che essa sia semplicemente un palliativo eventualistico.
Chi appartiene alla Chiesa potrebbe anche essere cosciente di questa realtà, qualora non intervenissero il pregiudizio di classe e la tradizione dell'inganno "per giusta causa": grande è la forza dell'inganno, diceva Giovanni Crisostomo (poi santificato), "purché non sia a cattivo fine...".
La storia della Chiesa (sia essa cattolica o di qualsiasi altra confessione) riflette quella della società in cui essa si radica, ed è fatta di sangue, collusione, sopruso, arroganza, rapina, al punto che siamo costretti a constatare quotidianamente l'arroganza, la malafede, la provocazione, la corruzione che vegeta dietro le quinte della "morale" cristiana, inclusa l'anacronistica istituzione da cui dovrebbe promanare: la Chiesa tuona contro omosessuali, libertini, criminali, truffatori, evasori fiscali e quant'altro, ma quotidianamente sentiamo parlare di presuli gay, pedofili, giocatori d'azzardo, collusi con la malavita, predatori d'opere d'arte e altri beni. In questi casi, i benpensanti giustificano le "pecore nere" asserendo che sono "uomini come noi", e che, onde evitare tutto ciò, si dovrebbe tornare alla "vera essenza" del cristianesimo e all'osservanza delle leggi.
Ma è la sessualità a costituire senz'altro il bersaglio più immediato delle riprensioni moralistiche: le principali pene per peccati secolari prescritte nella Bibbia ricadono a carico del sesso, dato che esso è collegato all'istinto animale, alla libido, a tabù interfamiliari, che implicano parimenti una forte carica di estraniazione dal "sacrale". La paura d'essere stigmatizzati per via di inclinazioni sessuali, è la prima mozione di vergogna per cui molte persone tendono ad evitare contrasti con la Chiesa. Dice Tommaso d'Aquino, fu necessario inventare l'etica sessuale
"affinché l'uomo non fosse troppo libero di pensare, in primo luogo perché attraverso il piacere sessuale non soltanto si corrompe la persona, ma anche la natura; poi, perché il piacere sessuale, nella sua forza, blocca la ragione".
Qualora finalizzata al piacere e non alla procreazione, la copula viene ritenuta un'invenzione demoniaca che, pur essendo naturale, "corrompe la natura" (!): persino la "morale" insita nelle pratiche d'avvilimento psicofisico cui si sottoponevano gli "asceti", era giustificata dall'idea per cui occorresse mortificare il corpo, fonte di piaceri (ovverosia, di sensazioni fallaci ed egoistiche), per glorificare Dio, vale a dire il suo stesso fattore.
Il fatto che delle persone astenutesi dal praticare normalmente il sesso debbano imporre delle censure sessuali a chi lo pratica normalmente, sarebbe un po' come dire, con quel famoso aneddoto di Lec, che degli eskimesi decidano come devono comportarsi gli abitanti del Congo durante la calura: salvo sentir parlare di preti insofferenti del celibato fare sesso di nascosto, spesso in maniera pervertita.
Secondo la chiesa, gli scandali sessuali sono dovuti al "modernismo", e per evitare che i preti cadano nel peccato, si dovrebbe tornare alla "tradizione"; che di sicuro non è evangelica, dato che il celibato fu istituito dopo Gregorio Magno in primo luogo per offrire una figura di predicatore più austera e distante, e poi per evitare l'ereditarietà dei beni ecclesiali; i tempi moderni hanno semplicemente offerto l'occasione per manifestare più apertamente il disagio di un divieto che dava già i suoi frutti sin dalle origini.
Ad esempio, secoli fa, commentando la pena di morte prescritta dalla Bibbia per i sodomiti, il dotto cardinal Pier Damiani, noto avvocato del celibato, così scriveva:
"Mi domando come può questa legge essere osservata, se è disprezzata proprio da coloro i quali l'hanno fatta? Infatti, ciascuno quanto più è saggio, tanto peggio sbaglia; inevitabilmente si merita la pena colui che, se avesse voluto, avrebbe potuto saggiamente evitare il peccato".
L'omosessualità non è qualcosa di "modernistico", bensì un fenomeno legato alla specie: potremmo dire tutt'al più che essa sia fisiologicamente sbagliata dal punto di vista riproduttivo, non certo perché la proibirebbe un Dio altrimenti "liberale". Due omosessuali che si sposano potrebbero risultare amorali nella misura in cui si dovrebbe cercare una morale nel Dio che ha permesso l'omossessualità persino tra le fila dei suoi stessi ministri.
Può accadere dunque che molto spesso la perfetta ideologia del "dio incarnato" non prevalga proprio su coloro i quali dovrebbero fornirne esempio: così, non resta che richiamare alla "ragione" i pastori. "Senza dubbio" scriveva Damiani "i colpevoli di questa rovina spesso rinsaviscono grazie alla generosità della misericordia divina, si pentono completamente, sopportano devotamente il peso della penitenza, per quanto gravoso; e davvero rabbrividiscono al pensiero di perdere il grado ecclesiastico". Non c'è da dubitarne. |
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