Il sacerdote è una figura particolare ed antichissima, nel consorzio umano: potremmo dire che si tratti praticamente del secondo mestiere più antico del mondo, sebbene per certi versi la differenza con il primo sembri essere estremamente sottile.

Possono esserci tanti motivi per cui un individuo può decidere d'abbracciare il sacerdozio, così come accade per qualsiasi impiego, sia esso di "missione" o di profitto: sincera convinzione, sistemazione sociale, giustificazione di inclinazioni particolari o altro.
Nelle prime piccole comunità umane, quegli individui deboli, non portati per il lavoro fisico o talora tarati (tranne per i "puri" ebrei, ai quali il "vero dio" aveva imposto l'"assoluta perfezione fisica" dei sacerdoti), dovendo trovarsi comunque un posto nella comunità per vivere, spesso venivano assecondati nelle loro "inclinazioni" dalle famiglie; sia per indole curiosa che per necessità obbligata, diventavano così degli studiosi. Di solito erano le pecore nere (o magari sin troppo bianche), della loro famiglia: in ogni caso, erano "diversi" dalla norma.

Occupandosi di cose che la trascendono, i sacerdoti non dimostrano diretto interesse né partecipazione alla vita pratica: essendo incarnazione vivente della tradizione, essi non possono svolgere compiti manuali, per status, "diversità" d'inclinazione ed ambito di professione. Possiamo trovare preti astrofisici, filosofi, medici, persino teologi, ma è raro trovarne qualcuno manovale, commerciante, operatore agricolo. Vero è che nel passato sono esistiti monaci e sacerdoti lavoratori: ma in una società evoluta e compartimentata è impossibile che essi possano svolgere funzioni diverse da quelle di "concetto".
Non potendo procurarsi da vivere col lavoro manuale, i sacerdoti debbono contare dunque sul buon cuore della comunità, che essi ricambiano compiendo "atti benèfici", consistenti solitamente nel ricordare all'uomo la sua mortalità, nello scacciare la "malasorte" dalla società e nell'esercitare un compito di salvaguardia del "sapere" e delle tradizioni del gruppo. Come "elemento neutro", scevro dalle bassezze umane, il prete accontenta tutti: quando non si traveste da menagramo, diffonde il sorriso e la serenità tra i fedeli con liete favole, contribuisce alla pace del nucleo sociale, funge da collante nelle diatribe cagionate dalla follia egoistica del credere in divinità personali, come ad esempio Gesù di Nazareth.

Sin da quando esiste la società complessa, il prete ha svolto principalmente il compito di ricordare d'essere mortale proprio a quell'essere umano così propenso ad attività goderecce e irresponsabili, per dimenticare temporaneamente (guarda caso) la morte: "ricordati che devi morire" è la classica frase ripetuta in ogni tempo e luogo dai sacerdoti ai gaudenti gozzovigliatori.
Rammentare all'uomo che è un mortale, costituisce una chiave per il premio ultraterreno: che senso avrebbe la vita, se si riducesse soltanto a copulare, gozzovigliare, adornarsi? Dio non può aver creato un essere "a sua immagine e somiglianza" solo per soddisfare simili bassezze, legate a cose naturalissime della specie umana: anzi, lo proverebbe appunto il fatto che esistono individui capaci di farne a meno!
Dunque, qualora non esistesse l'elemento sociale "neutro" a ricordargli costantemente quest'evidenza, gli uomini si scannerebbero a vicenda per procurarsi il necessario al godimento, senza temere un giudizio ultraterreno: ragion per cui, è "giusto" che il volgo onori questi tutore dell'ordine spirituale, tributandogli una lauta tassazione.
Tributiamo credibilità ai sacerdoti perchè essi si astengono dai "vizi" in cui indulgono perennemente i "comuni mortali": in primis quelli sessuali. Di norma, i sacerdoti (specie quelli cattolici romani) non si sposano e non hanno progenie perchè nelle società primitive era considerato sconveniente unirsi con elementi considerati tabù e (data la propensione ad attività "spirituali") sessualmente claudicanti. In via teorica, indipendentemente da una "stranezza" elettiva, i sacerdoti non potevano provare attrazione per l'altro sesso; la parenne insondabilità di Dio li assorbiva sin troppo, affinché potessero dedicarsi alle "solite cose". Del resto, a cosa gli sarebbe servito procreare? Il sacerdozio non può essere ereditario, così come accadeva tra i barbari adoratori di falsi dèi: è questione di "vocazione", come ben sanno quelli cattolici.

Dalla mancanza di legami familiari diretti, alla velleità di governare la Cosa Pubblica, il passo è quasi obbligato; chi si crede perfetto e puro, avulso dalla prosaicità animale dell'uomo comune, può ben pensare d'essere idoneo a un compito "pastorale". I fedeli diventano dunque un alias della famiglia naturale che il sacerdote non può avere.
Questo compito mesce il diritto di governo con quello del tramandare le nozioni culturali proprie a un dato contesto etnico-logistico, dato che un sacerdote è il depositario della Tradizione, il ricettacolo di tutela di tutte quelle nozioni di natura complessa (o più sicuramente rese complesse) che "l'uomo comune", immerso in attività produttive meno elevate, è impossibilitato a curare e trasmettere nel tempo.

Come qualsiasi figura di shamano del villaggio che si rispetti, per questo suo compito egli diventa fulcro di riferimento "etico" della gente, che lo supporta e finanzia perchè egli rivestirebbe un ruolo capitale, occupandosi della "somma scienza". In verità, questo tributo è giustificato sia per questioni d'umana solidarietà sociale che per effettiva necessità di tramandare e conservare le nozioni tradizionali.<%pagebreak()%>Qualunque mestiere implica convinzione, ali limite dell'altrui inganno: è nella "logica" di un'etica commerciale. La maggioranza dei sacerdoti non possono non esser convinti sinceramente del fatto che Dio esiste, che Gesù sia la sua incarnazione terrena e tanto altro: il dubbio è se lo siano non tanto le "pedine", bensì chi appartiene alle alte sfere dirigenziali, talchè non è stato raro trovare persino qualche pontefice capace d'asserire che Gesù non sia mai esistito, o che i culti della chiesa siano neo-paganesimo.
Ho la certezza che parecchi sacerdoti siano consci del fatto che le cose che predicano siano assurdità, ma che non ci sia nient'altro da fare per poter mantenere l'ordine. In questo senso, come "padre" preoccupato, il sacerdote si ingegna affinchè i suoi "figli" spirituali godano quanto più possibile dello stato infantile, pensando che la vita sia già sin troppo seria, affinchè non debba sussistere un permanente stadio ludico come valvola di sfogo. Per questo motivo il sacerdote bazzica ambienti ove l'istruzione è un palliativo e il tornacontismo la regola; non potrebbe essere altrimenti, dato che senza malattia non c'è bisogno di un medico.
In passato i sacerdoti avevano tentato di diffondere l'istruzione, ma era assai difficile mediare il Regno dei Cieli con la cultura, l'informazione, il ragionamento e soprattutto il duro lavoro quotidiano imposto all'uomo dal dio onnipotente, buonissimo, giustissimo e onnisciente che essi predicano. D'altronde, in che modo potremmo parlare di cultura a chi ha come interesse primario il lavoro manuale, così distante dalle eteree sottigliezze del Regno dei Cieli, automaticamente precluso ai dotti? Ragioniamo: se chiunque potesse avere accesso alla Cultura per poter capire e ragionare secondo logica, chi si sobbarcherebbe mai al vile lavoro manuale per nutrire la società? Evidenza elementare, ben nota prima di Menenio Agrippa. D'altronde, informare la gente che il sovrannaturale sia un'illusione strumentale, è una fatica ben rischiosa: sarebbe più semplice continuare a perpetuare l'Errore Antico, anziché farne piazza pulita.
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